di Marco Rubboli
In Italia, l'Arte della Difesa non fu mai ristretta alla sola classe nobile come probabilmente successe nel resto d'Europa. Possiamo dire lo stesso per la pratica delle giostre stesse, e di vari altri esercizi militari, a parte la Quintana che generalmente era permessa al cittadino comune anche nel resto di Europa. Abbiamo le prove di molte associazioni in molte città-stato della Lombardia, della Toscana e dell'Emilia, che nascono con lo scopo di istruire giovani borghesi all'arte del combattimento sia a piedi sia a cavallo. Conosciamo svariati nomi di queste associazioni: Società dei Forti, dei Gagliardi, della Spada, della Lancia, della Tavola Rotonda, e così via. Comunque, non sappiamo molto della struttura interna di tali associazioni, se avessero un Maestro, gerarchie formali o altro.
La prima presenza certa di un Maestro che troviamo, infatti, non è nell'ambito di in una di queste associazioni per il combattimento del cittadino comune. Sappiamo che un Maestro Goffredo, schermitore, istruì il bellicoso Patriarca Gregorio da Montelongo nel 1259, a Cividale, la stessa città che verrà ad essere successivamente la città natia dell'autore del primo trattato italiano di scherma, Fiore dei Liberi. Nella stessa città, tra il 1300 e il 1307, troviamo degli atti legali riguardo a un Maestro Arnoldo, "scharmitor", e nel 1341 un altro documento nomina un certo Pertoldus, schermitore, probabilmente tedesco. Nello stesso secolo e città noi abbiamo Maestro Domenico da Trieste, Pietro, schermitore, un altro tedesco, e Maestro Franceschino da Lucca. Fuori Cividale, ma sempre in Friuli, abbiamo gli altri 3 Maestri conosciuti del Secolo XIII.
C'è un'abbondanza strana di Maestri in Friuli, e specialmente nella città di Cividale. Una possibile ragione è che tali Maestri provenissero dalla Germania, così l'Arte cominciò spargersi in Italia da quella regione confinante e bellicosa. Ci sono infatti dei trattati tedeschi più vecchi del primo trattato italiano. Le prove a sfavore della possibilità che l'Italia imparò l'Arte dalla Germania è la popolarità delle scuole Bolognese fin dal Secolo XIII, sebbene non abbiamo nomi di Maestri. Abbiamo invece la presenza a Parigi nel 1292 di 3 Maestri italiani: Maestro Tommaso, Maestro Nicolò e Maestro Filippo. Un'altra ipotesi potrebbe essere quella che la Germania aveva un'istruzione della Difesa più formale, con ranghi stabiliti, mentre in Italia la situazione era più caotica. Inoltre, se guardiamo ai secoli seguenti, abbiamo la stessa situazione, con un sistema molto organizzato e formale in Germania, governato dalla gilda Federfechter e una specie di caos creativo in Italia.
Nel secolo seguente troviamo i primi nomi di Maestri delle scuole di Bologna: Maestro Rosolino insegnò nel 1338, Maestro Francesco nel 1354, Maestro Nerio nel 1385. Nel 1410, il vecchio Maestro Fiore dei Liberi, nato a Cividale, in Friuli ma insegnando a Ferrara, scrisse il suo trattato, il Flos Duellatorum (in latino: Fiore del Duello). Noi possiamo vedere all'inizio dell'introduzione del Flos Duellatorum che i Maestri principali che insegnarono le sue abilità a Fiore erano tedeschi, sebbene lui specifica che imparò da italiani e tedeschi, come se vi fossero due diverse scuole e due metodi differenti. Avremo maggiori prove di questo senso negli anni seguenti.
Comunque, se guardiamo solo al tipo di trattato che Fiore scrisse, l'influenza tedesca sulle sue idee della scherma è evidente: nel suo libro troviamo molti disegni e solamente un paio di versi per commentare ogni disegno, come, per esempio, nei trattati di Talhofer, diversamente da Marozzo, Manciolino e gli altri Maestri italiani del secolo seguente. La stessa influenza è rivelata dai nomi di alcune guardie, come Porta di Ferro, simile alla stessa guardia mostrata da Talhofer con lo stesso nome (in tedesco). Ma vedremo che Filippo Vadi da Siena nello stesso secolo, Marozzo e Manciolino nel seguente, usano la stessa guardia con lo stesso nome, e i nomi delle guardie della Scuola Bolognese sembrano avere origine dalle guardie che usate dal Maestro di Cividale. Forse la migliore ipotesi è quella dell'esistenza di caratteristiche (come i nomi di guardie) comuni a tutte le scuole di scherma in Europa, insieme a profonde differenze. Tornando alla nostra investigazione sui Maestri e le scuole di scherma, Maestro Fiore mette pressoché all'inizio delle sue opere un commento che suona più o meno come questo: "È difficile ricordare tale arte immensa senza libri e scritte, e mai ci sarà un buon scolaro senza libri, e lo stesso per un buono Maestro, perché vidi mille persone chiamate Maestri ma fra loro non troverete quattro buoni scolari, e fra quei quattro buon scolari non troverete un buon Maestro." Troviamo qui una prova che scrivere libri di scherma già era una tradizione ben consolidata, sebbene noi dobbiamo ricordare che prima di Gutemberg i Maestri di solito tenevano solo un libro per se stessi, e forse un altra copia per il loro erede, il migliore allievo o nobile protettore, nulla più. D'altro canto, il disprezzare gli altri Maestri diverrà una triste caratteristica comune della maggioranza dei Maestri a venire,che ritroveremo pressoché in ogni trattato successivo. Nei disegni del libro di Maestro Fiore vediamo che quando un Maestro è rappresentato, è disegnato barbuto e con una corona sulla testa, mentre gli allievi esperti sono disegnati con un nastro d'oro sulla gamba. Maestri che sfidano altri Maestri sono rappresentati barbuti, con la corona e il nastro d'oro.
Nel trattato, gli allievi col nastro d'oro sulla gamba eseguono tecniche contro allievi senza il nastro. Poi un Maestro incoronato mostra la contromossa all'allievo esperto. Da questo possiamo supporre almeno 3 ranghi nella scuola di Maestro Fiore: allievo (iniziato), allievo esperto e Maestro. È possibile supporre che vi erano anche 2 ranghi per i Maestri, a causa della presenza di Maestri con corona e nastro d'oro, che compaiono sempre per mostrare una contromossa. Ma Maestro Fiore qualche volta menziona "i suoi bravi scolari", ma no fa menzione alcuna di Maestri subordinati. Ovviamente, è possibile che la corona e il nastro furono intesi solo per mostrare chi stava eseguendo la tecnica. I nomi che usa sono "scholar" o "scholaro" (plurale "scholari") e "magistro" (plurale "magistri"). Come soggetti di insegnamento nella scuola di Maestro Fiore, vi erano lezioni di lotta, difesa disarmata contro pugnale (simile alle tecniche illustrate nei capitoli finali di Marozzo), combattimento con pugnale, varie tecniche eseguite con bastoni, armi ad asta, picca corta, spada singola e, soprattutto, spada a 2 mani. Troviamo anche combattimenti in armatura completa con spada a 2 mani, "azza" (un martello da gueraa a 2 mani), combattimento a cavallo con spada, lancia e disarmato, difesa con arma ad asta contro un nemico a cavallo, infine pugnale contro spada e viceversa, e un paio di armi truccate. Come virtù del buon combattente, sappiamo da un disegno commentato da dei versi, che le quattro virtù cardinali erano per Maestro Fiore rapidità, forza, coraggio e cautela.
Il trattato successivo che prenderemo in considerazione è quello di Maestro Vadi. Filippo Vadi fu un Maestro di scherma nato a Pisa,che insegnò a Urbino al Duca Guidobaldo da Montefeltro, a cui il suo trattato fu dedicato. Noi sappiamo che il giovane Duca si dedicò "al giuoco di ogni tipo di armi, lotta, salto, nuoto e soprattutto all'arte dell'equitazione." Il libro fu scritto tra il 1482 e il 1487, e comincia con una parte in prosa. Maestro Filippo Vadi dice che anche lui cominciò molto presto a studiare scherma, e viaggò in molti luoghi per imparare da "Maestri molto abili" Questo è una caratteristica singolare di questo Maestro: non critica mai gli altri Maestri. Al contrario dice, che se i suoi libri arrivassero nelle mani di una persona competente, dà il permesso di cambiare qualunque cosa ella pensi sia meglio cambiare. Dice come Maestro Fiore che solo uomini d'arme e nobili devono essere accettati in una scuola, ma specifica che la ragione è che solo loro hanno il compito di reggere lo stato e difendere vedove e orfani, sebbene aggiunga che le persone comuni non hanno le caratteristiche del corpo giuste, poiché non hanno l'agilità ma solamente la forza portare carichi pesanti. Nella parte seguente, in versi troviamo la nozione che tirar di scherma non è un'arte ma una scienza, simile a geometria, le giuste dimensioni della spada a 2 mani, alcune osservazioni tecniche qualche volta molto chiare e qualche volte leggermente oscure. E' giusto spender qualche parola sui versi contro le persone che offendono le altre persone per il solo gusto del duello. Un uomo deve lottare solamente per la giustizia. Poi:
A prima vista il resto del trattato di Maestro Vadi non è molto diverso da quello di Maestro Fiore, la struttura grafica è simile, con molti disegni con un paio di versi per ogni disegno, le guardie qualche volta sono simili, qualche volta no ma hanno un nome simile, ci sono molte tecniche comuni, e anche molti versi che fanno da commenti ai disegni sono quasi esattamente gli stessi. In questo trattato non vi è combattimento a cavallo ne lotta (forse un primo segnale della separazione crescente tra scherma e lotta), ma solo spada a 2 mani con e senza armatura, pugnale, azza e picca corta, più una tecnica con 2 bastoni pressocché identica a quella che insegna Maestro Fiore. In realtà, se escludiamo i 6 disegni del combattimento di azza in armatura completa, i 4 disegni di picca corta e uno sulla difesa con spada a 2 mani contro picca corta, tutto il trattato è riguardante la spada a 2 mani e il pugnale. Qualcuno volle trovare in questo trattato più enfasi sull'affondo che in quello di Maestro Fiore, ma non posso essere d'accordo completamente con questa visione, anche Maestro Fiore fa buon uso della punta, e Vadi dice esattamente che l'affondo è molto efficace ("velenoso come un serpente") ma vien deviato facilmente, e contro più di un avversario è troppo pericoloso, come è pericoloso affondare e non indietreggiare immediatamente al punto di partenza. Al contrario, troviamo nel suo trattato il concetto, che la spada non deve essere mai lontano dal corpo, sempre coprendo e proteggendolo, e deve ferire il nemico lungo il tragitto più corto possibile. Troviamo anche il concetto del colpo in "mezzo tempo", ovvero, colpire l'avversario mentre sta attaccando, di solito alla mano/i o alla testa. Naturalmente, Maestro Vadi dice e ripete che il suo metodo è nuovo, che lo tenne segreto per molto tempo per esaminarlo.
Nello stesso secolo di Maestro Filippo Vadi, Maestro Filippo (o Lippo) il di Bartolomeo Dardi visse e tenne scuola a Bologna. Noi abbiamo notizie di lui e della sua scuola dal 1413. Era anche un Astrologo, un Matematico e dal 1434 un Professore di Geometria all'Università di Bologna, dopo avere scritto un libro (ora perduto) sulle relazioni tra scherma e geometria. Morì nel 1464, e uno dei suoi migliori allievi fu Guido Antonio di Luca, il Maestro di Marozzo .